Catechesi del Papa: La settimana Santa

La settimana santa

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Uscendo dal confessionale, sentiremo la Sua forza che ridona la vita e l’entusiasmo della fede.

Dopo la Confessione saremo rinati.”

Tweet di papa Francesco del 16.03.2016

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La liturgia della Domenica delle Palme ricorda l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme e, subito dopo, propone la narrazione della sua passione, quasi a voler sottolineare la precarietà e l’inconsistenza della gloria terrena.

Il racconto di Luca è caratterizzato da alcune ‘pennellate’ di dolcezza e di misericordia, esclusivamente sue. All’inizio della Cena, al giungere dell’ora, Gesù confida agli Apostoli il suo grande desiderio di mangiare quell’ultima Pasqua con loro; la predizione del rinnegamento di Pietro è accompagnata dalla promessa della preghiera per lui e dal conferimento di una missione; sarà poi lo sguardo di Gesù a provocare in lui il pentimento; se nel Getsemani Gesù è angosciato al punto di sudare sangue, riceve, tuttavia, il conforto prima di un angelo, poi, lungo la via crucis, dalle donne di Gerusalemme; dalla croce Gesù prega il Padre di perdonare i suoi carnefici, accoglie la supplica del buon ladrone (è l’unico passo della Scrittura in cui troviamo la parola “paradiso”), ed infine, muore con un atto di fiducia nel Padre: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”.

Nei tre giorni successivi, l’ombra del traditore, sembra farsi sempre più incombente e insidiosa anche se non incontrastata e tantomeno vincente.

Il lunedì santo, è Maria di Betania a suscitare l’irritazione di Giuda con il suo gesto di amore “esagerato” verso la persona del Signore, che gradisce e approva.

Il martedì santo è il giorno dell’annuncio di Gesù: “uno di voi mi tradirà”, e dello smascheramento di Giuda, che viene consegnato al suo destino: “dopo il boccone, Satana entrò in lui…Ed era notte”.

Giuda è il protagonista del mercoledì santo. O meglio, si illude di esserlo. È proprio il verbo “consegnare” o “tradire” che rivela l’illusoria vittoria del traditore. Il protagonista vero è il Padre. È Lui che consegna, dona (tradere) il Figlio per la nostra salvezza: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16).

Entriamo così nel Triduo pasquale.

Nella Cena del giovedì santo, Gesù anticipa il suo sacrificio sulla croce celebrandolo e dandone l’unica chiave interpretativa, l’amore: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). Istituisce il sacramento dell’Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa, fino al suo ritorno glorioso: “Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1Cor 11, 26). Per questo, fa degli Apostoli i sacerdoti della nuova alleanza: “Fate questo in memoria di me”. Lavando loro i piedi, ne fa dei testimoni e dei propagatori del suo amore: “Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come ho fatto io”.

Così il messaggio del venerdì santo diventa chiaro, anche per i cuori più induriti: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Ci ha dato tutto: sua Madre, se stesso, il suo Spirito, i sacramenti della nostra rinascita (sangue e acqua). Davvero, “dalle sue piaghe siamo stati guariti” (1Pt 3,24).

Il sabato santo c’è grande silenzio sulla terra, ma per Gesù è il giorno della discesa agli inferi. Che cosa significa? Ci illumina Benedetto XVI. “Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, senza alcuna parola di conforto. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine per guidare anche noi ad oltrepassarla con lui. Nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: Passio Christi, passio hominis”.

                                

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