Accompagnare la vita di coppia dei giovani sposi |
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Oggi vorrei tornare sul tema del rapporto tra fede e matrimonio, in particolare sulle prospettive di fede insite nel contesto umano e culturale in cui si forma l’intenzione matrimoniale.
Papa Benedetto XVI, ricordava che «solo aprendosi alla verità di Dio […] è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo […]. Il rifiuto della proposta divina, in effetti conduce ad uno squilibrio profondo in tutte le relazioni umane […], inclusa quella matrimoniale». È quanto mai necessario approfondire il rapporto fraamore e verità. «L’amore ha bisogno di verità. Solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo, superare l’istante effimero e rimanere saldo per sostenere un cammino comune. Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’ “io” al di là del suo isolamento, né a liberarlo dall’istante fugace per edificare la vita e portare frutto» (Enc. Lumen fidei, 27).
Non possiamo nasconderci che una mentalità diffusa tende ad oscurare l’accesso alle verità eterne. Una mentalità che coinvolge, spesso in modo vasto e capillare, gli atteggiamenti e i comportamenti degli stessi cristiani, la cui fede viene svigorita e perde la propria originalità di criterio interpretativo e operativo per l’esistenza personale, familiare e sociale. Tale contesto, carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale. Le esperienze di fede di coloro che richiedono il matrimonio cristiano sono molto diverse. Alcuni partecipano attivamente alla vita della parrocchia; altri vi si avvicinano per la prima volta; alcuni hanno una vita di preghiera anche intensa; altri sono, invece, guidati da un più generico sentimento religioso; a volte sono persone lontane dalla fede o carenti di fede.
Di fronte a questa situazione, occorre trovare validi rimedi. Un primo rimedio lo indico nella formazione dei giovani, mediante un adeguato cammino di preparazione volto a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio.
In questo spirito, mi sento di ribadire la necessità di un «nuovo catecumenato» in preparazione al matrimonio. Accogliendo gli auspici dei Padri dell’ultimo Sinodo Ordinario, è urgente attuare concretamente quanto già proposto in Familiaris consortio(n. 66), che cioè, come per il battesimo degli adulti il catecumenato è parte del processo sacramentale, così anche la preparazione al matrimonio diventi parte integrante di tutta la procedura sacramentale del matrimonio, come antidoto che impedisca il moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti.
Un secondo rimedio è quello di aiutare i novelli sposi a proseguire il cammino nella fede e nella Chiesa anche dopo la celebrazione del matrimonio. È necessario individuare, con coraggio e creatività, un progetto di formazione per i giovani sposi, con iniziative volte ad una crescente consapevolezza del sacramento ricevuto. Si tratta di incoraggiarli a considerare i vari aspetti della loro quotidiana vita coppia, che è segno e strumento dell’amore di Dio, incarnato nella storia degli uomini.
La comunità cristiana è chiamata ad accogliere, accompagnare e aiutare le giovani coppie, offrendo occasioni e strumenti adeguati – a partire dalla partecipazione alla Messa domenicale – per curare la vita spirituale sia all’interno della vita familiare, sia nell’ambito della programmazione pastorale in parrocchia o nelle aggregazioni.
Lo Spirito Santo, che guida sempre e in tutto il Popolo santo di Dio, assista e sostenga quanti, sacerdoti e laici, si impegnano e si impegneranno in questo campo, affinché non perdano mai lo slancio e il coraggio di adoperarsi per la bellezza delle famiglie cristiane, nonostante le insidie rovinose della cultura dominante dell’effimero e del provvisorio.
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