Catechesi del Papa: 2. La Messa è preghiera

La Santa Messa – 2. La Messa è preghiera

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Per comprendere la bellezza della celebrazione eucaristica desidero iniziare con un aspetto molto semplice: la Messa è preghiera, anzi, è la preghiera per eccellenza, la più alta, la più sublime, e nello stesso tempo la più “concreta”. Infatti è l’incontro d’amore con Dio mediante la sua Parola e il Corpo e Sangue di Gesù. È un incontro con il Signore.

Ma prima dobbiamo rispondere a una domanda. Che cosa è veramente la preghiera? Essa è anzitutto dialogo, relazione personale con Dio. E l’uomo è stato creato come essere in relazione personale con Dio che trova la sua piena realizzazione solamente nell’incontro con il suo Creatore. La strada della vita è verso l’incontro definitivo con il Signore.

Il Libro della Genesi afferma che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, il quale è Padre e Figlio e Spirito Santo, una relazione perfetta di amore che è unità. Da ciò possiamo comprendere che noi tutti siamo stati creati per entrare in una relazione perfetta di amore, in un continuo donarci e riceverci per poter trovare così la pienezza del nostro essere.

Cristo, quando chiama i suoi discepoli, li chiama affinché stiano con Lui.Questa dunque è la grazia più grande: poter sperimentare che la Messa, l’Eucaristia è il momento privilegiato per stare con Gesù, e, attraverso di Lui, con Dio e con i fratelli.

Pregare, come ogni vero dialogo, è anche saper rimanere in silenzio – nei dialoghi ci sono momenti di silenzio -, in silenzio insieme a Gesù. E quando noi andiamo a Messa, forse arriviamo cinque minuti prima e incominciamo a chiacchierare con questo che è accanto a noi. Ma non è il momento di chiacchierare: è il momento del silenzio per prepararci al dialogo. È il momento di raccogliersi nel cuore per prepararsi all’incontro con Gesù. Il silenzio è tanto importante! E dal misterioso silenzio di Dio scaturisce la sua Parola che risuona nel nostro cuore. Gesù stesso ci insegna come realmente è possibile “stare” con il Padre e ce lo dimostra con la sua preghiera.

Abbiamo sentito nella Lettura prima, all’inizio dell’udienza. Gesù risponde che la prima cosa necessaria per pregare è saper dire “Padre”. Stiamo attenti: se io non sono capace di dire “Padre” a Dio, non sono capace di pregare. Dobbiamo imparare a dire “Padre”, cioè mettersi alla sua presenza con confidenza filiale. Ma per poter imparare, bisogna riconoscere umilmente che abbiamo bisogno di essere istruiti, e dire con semplicità: Signore, insegnami a pregare.

Questo è il primo punto: essere umili, riconoscersi figli, riposare nel Padre, fidarsi di Lui. Questo è il primo atteggiamento: fiducia e confidenza, come il bambino verso i genitori; sapere che Dio si ricorda di te, si prende cura di te, di te, di me, di tutti.

La seconda predisposizione, anch’essa propria dei bambini, è lasciarsi sorprendere. Per entrare nel Regno dei cieli bisogna lasciarsi meravigliare. Nella nostra relazione con il Signore, nella preghiera –domando – ci lasciamo meravigliare o pensiamo che la preghiera è parlare a Dio come fanno i pappagalli? Ci lasciamo sorprendere da Dio che è sempre il Dio delle sorprese? Perché l’incontro con il Signore è sempre un incontro vivo.

Nel Vangelo si parla di un certo Nicodemo (Gv 3,1-21), un uomo anziano, un’autorità in Israele, che va da Gesù per conoscerlo; e il Signore gli parla dellanecessità di “rinascere dall’alto” (cfr v. 3). Ma che cosa significa? Si può “rinascere”? Tornare ad avere il gusto, la gioia, la meraviglia della vita, è possibile, anche davanti a tante tragedie? Questa è una domanda fondamentale della nostra fede e questo è il desiderio di ogni vero credente: il desiderio di rinascere, la gioia di ricominciare. Noi abbiamo questo desiderio? Ognuno di noi ha voglia di rinascere sempre per incontrare il Signore? Avete questo desiderio voi? Infatti si può perderlo facilmente perché, a causa di tante attività, di tanti progetti da mettere in atto, alla fine ci rimane poco tempo e perdiamo di vista quello che è fondamentale: la nostra vita del cuore, la nostra vita spirituale, la nostra vita che è incontro con il Signore nella preghiera.

In verità, il Signore ci sorprende mostrandoci che Egli ci ama anche nelle nostre debolezze. «Gesù Cristo […] è la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2,2). Questo dono, fonte di vera consolazione – ma il Signore ci perdona sempre – questo, consola, è una vera consolazione, è un dono che ci è dato attraverso l’Eucaristia, quel banchetto nuziale in cui lo Sposo incontra la nostra fragilità. Posso dire che quando faccio la comunione nella Messa, il Signore incontra la mia fragilità? Sì! Possiamo dirlo perché questo è vero! Il Signore incontra la nostra fragilità per riportarci alla nostra prima chiamata: quella di essere a immagine e somiglianza di Dio. Questo è l’ambiente dell’Eucaristia, questo è la preghiera.

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