da L’OSSERVATORE ROMANO di giovedì 24 novembre 2022
Articolo di mons. Marco Prastaro, vescovo di Asti
Asti ha incontrato Papa Francesco, venuto a ritrovare “il sapore” delle sue radici. Noi astigiani abbiamo fatto un passo in avanti e il Santo Padre si è buttato nelle nostre braccia: l’incontro tanto atteso si è realizzato. Sono meravigliato e felice della risposta di Asti a questo evento. Mi aspettavo il calore, ma non di certo un’onda d’urto così clamorosa, così forte. La nostra terra, normalmente così pacata e tranquilla, ha espresso a pieno tutta la sua capacità di gioia. Tra le tante cose dette dal Papa quella che conserverò con maggior cura è l’invito a essere vicini agli altri: che la Chiesa sia vicina alle persone, alla vita reale! La giornata è passata, ci resta nel cuore il grande patrimonio di calore e di magistero che il Papa ci ha donato: sono le 22 di questo incredibile 20 novembre, la casa tace, ma il cuore risuona delle emozioni di questo evento memorabile. Sono stato vicino ad una persona unica ed eccezionale. Questa mattina la colazione insieme, tranquilli come in una famiglia. Poi alle 9 arriva Stefano Accornero, il giovane seminarista che ha ricevuto il ministero dell’accolitato dal Santo Padre, perché era intenzione del Papa conoscerlo e non sbrigativamente prima della messa. Dopo il Pontefice riceve le autorità locali, qualche persona che collabora nella realizzazione della giornata e poi la giunta comunale di Asti che gli consegna l’attestato di cittadinanza onoraria «per il forte impegno per la pace nel mondo» nonché «per il forte legame col territorio astigiano». Parla con loro di radici che affondano nella terra, ma che non hanno senso se non per sostenere un fusto che va verso l’alto. Spazio anche per l’incontro con alcune persone, lontane dalla ribalta, ma ricche di umanità sofferente: storie di dolore e di guerra che si intrecciano con quella capacità silenziosa di questa terra di aiutare chi ha bisogno e di stringersi un po’ perché ci sia posto per tutti. E poi si parte con la papamobile. Un viaggio attraverso la città da un punto di vista particolare. Un viaggio avvolto dalla gioia e dall’affetto. Un chilometro e settecento metri di «ciao Francesco», «Francesco benvenuto fra noi», «Francesco ti voglio bene». Tutto così semplice e familiare eppure tutto così eccezionale. Il Papa che saluta tutti, proprio come uno che torna a casa e ritrova la sua gente di sempre. Quindi l’arrivo in piazza della Cattedrale dove la gioia ed il calore sono ancora più intensi. Entriamo in chiesa, il popolo di Dio qui è ancora più vicino, Francesco passa e sfiora tutti. Si ferma a salutare alcuni malati. Lui in carrozzina, saluta altri in carrozzina. Un incrocio di sofferenze, una sintonia eccezionale. Anche i suoi familiari lo salutano: «Ciao Giorgio». In sacrestia saluta tutti i ministranti, uno per uno, e poi saluta tutti i nostri preti, uno per uno, perché l’affetto del Padre non è in generale, ma «uno per uno». La messa, nella solennità di Cristo Re, ci indica un re che si fa crocifiggere, un re che serve… e l’omelia del Papa ci affascina, indelebile resta il richiamo ad evitare «il contagio letale dell’indifferenza che crea delle distanze con le miserie» iniziando «dalla confidenza, dal chiamare Dio per nome, proprio come ha fatto il buon ladrone, che alla fine della vita ritrova la fiducia coraggiosa dei bambini, che si fidano, chiedono, insistono». Il canto avvolge e rende ancora più bella la nostra cattedrale, mi viene da chiudere gli occhi per farmi portare verso il cielo. Ma li devo riaprire, tocca a me proseguire nella celebrazione, con il Papa che sembra incoraggiare, con me, tutto il cammino della comunità diocesana. Il mio saluto al Santo Padre al termine della celebrazione eucaristica esprime il ringraziamento di tutta la comunità astigiana per questo incontro tanto atteso. «Quando venne eletto Papa lei disse di essere stato preso “quasi alla fine del mondo”. Oggi, ci piace pensare che Asti, la terra delle sue radici familiari, possa essere l’inizio del mondo. E lo è veramente, perché qui con lei abbiamo rinnovato le radici della nostra fede. L’Eucarestia, la Parola di Dio, il ministero petrino, la fraternità che ci fa essere comunità, la presenza dei poveri carne di Cristo, tutto ci parla della presenza di Gesù fra noi. Di quel Gesù con il quale sempre nasce e rinasce la gioia. Qui, dall’inizio del mondo, oggi rinnoviamo il nostro impegno missionario a portare la gioia del Vangelo fino alla fine del mondo, in ogni periferia esistenziale che incontreremo». La preghiera dell’Angelus ci riporta alla realtà, alla guerra, alla fatica di vivere nel l’amore. Ci mette in contatto con tutto il mondo e a quel punto la cattedrale non ha più pareti… «Alzarsi e andare, ci dice il Papa, non restare fermi a pensare a se stessi, sprecando la vita a inseguire le comodità o l’ultima moda, ma puntare verso l’Alto, mettersi in cammino, uscire dalle proprie paure per tendere la mano a chi ha bisogno. E oggi ci vogliono giovani veramente “trasgressivi”, non conformisti, che non siano schiavi di un cellulare, ma cambino il mondo come Maria». Un bagno di folla festante saluta Papa Francesco all’uscita della cattedrale e lo accompagna fino al vescovado dove pranza con la sua famiglia. Due ore di gioia e sorrisi, soprattutto verso Carla la festeggiata: 90 anni di energia e di forza! Il pranzo passa veloce, i ragazzi del servizio sono fantastici, nonostante il “cliente” eccezionale. Finito di mangiare è già l’ora dei saluti, ancora in auto verso lo stadio, finestrini aperti e lacrime di commozione insieme ai saluti: «Ciao Francesco», «Grazie Francesco», «Torna presto fra noi». Un boato ci accoglie allo stadio, sono i bambini e i ragazzi, lo stavano aspettando, e anche per loro non si sottrae, dice all’autista: «vai dritto, passa piano vicino a dove sono i bambini». E così avviene, tutti lo vedono e lo salutano: «Ciao Francesco». Scendiamo dall’automobile e viene anche per me il momento del congedo e mi affida un’ultima parola di dolcezza: «Grazie dell’accoglienza e dell’affetto, scusate il disturbo e pregate per me». L’elicottero parte, ancora una volta lui dal finestrino ci saluta. Ciao Francesco. Grazie.